Mai più gentilmentev per Vendetta - ValeriexRuth

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  1. Hope_Giugy
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    Genere: Triste, Drammatico, Romantico
    Avvertimenti: Tematiche delicate
    NdA: Partecipante al contest di _juliet: “Ispirazione musicale” indetto sul Forum di EFP e pubblicata su EFP. I personaggi e l'opera non mi appartengono, io ci ho solo scritto sopra, perché mi diverte rovinare i capolavori u.u Altre note, si spera più utili e intelligenti, saranno presenti a fine capitolo.

    Mai più gentilmente


    Valerie guardava la porta.

    Quel pomeriggio Ruth era uscita per andare a fare la spesa, «vedrai che cenetta!» mi aveva detto stranamente allegra, mentre sventolava distrattamente la mano prima di chiudersi la porta alle spalle. Erano settimane che in casa c'era un clima di profondo disagio; non che tra di noi le cose non andassero, ma la società stava cambiando irrimediabilmente, sempre più veloce e frenetica e anche se cercavamo d'ignorare la rabbia che serpeggiava per le strade, le occhiate dei vicini e il bisbiglio degli uomini in divisa, con il loro sguardo freddo e il giudizio impresso su ogni linea del viso duro, iniziavamo ad avere paura, c'immobilizzavamo ad ogni rumore; persino allo scricchiolio dei sassi dovuto al camminare veloce di qualche sconosciuto.
    Io non la salutai quando uscì dalla porta, se non per dirle un distratto «a dopo», troppo presa dal libro che stavo leggendo. Probabilmente non avrei neanche dovuto trovarlo, ma era lì, isolato su una panchina, con la copertina sgualcita e le pagine mangiucchiate, senza neanche un nome o un recapito a cui restituirlo; la mia curiosità ebbe il sopravvento.
    Non che amassi particolarmente la lettura, era solo un passatempo piacevole nei momenti di stasi, ma quel libro mi aveva colpita in un modo che non credevo possibile, non riuscivo a staccare gli occhi dalle sue pagine consumate e sottolineate, perché mi sapeva troppo di reale per archiviarlo come una semplice fantasia; d'altronde mi mancavano appena due capitoli e avrei potuto riabbracciare la mia Ruth una volta tornata a casa.

    Valerie guardava la porta.

    Avevo finito il libro da un po' ed ero agitata, emozionata, dovevo parlarne con Ruth, dovevo discuterne con qualcuno, perché la sua storia era troppo coinvolgente per non poterla condividere.
    Mentre girovagavo per la casa, presa dalle mie considerazioni sull'opera appena letta, non guardavo l'orologio e non mi preoccupavo dell'ora sempre più tarda, perché quel giorno era un bel giorno e bisognava solo pensare alle cose belle. Come alla cena di stasera, mi dicevo scioccamente.
    Così, ancora esagitata e sovrappensiero, andavo con noncuranza verso il cassetto delle tovaglie, scegliendone una color perla. Sì, mi dissi convinta, un colore chiaro, bello ed elegante, felice e innocente per coronare una giornata finalmente normale, finalmente tranquilla.
    Non contenta andai anche a prendere il servizio di forchette e coltelli e cucchiai d'argento, quello buono che non usavamo da più di un anno perché ormai nessuno tra amici, colleghi e vicini veniva a trovarci. Mi sembrava corretto utilizzarle ancora, non ritenevo giusto lasciarle opacizzare da sole nel cassetto, mandandole in rovina un po' per volta come quella società che diventava sempre più lontana, sempre più distante.
    Presi un bel limone e dopo averlo tagliato a metà, iniziai a versare il suo succo sul metallo, strofinando con delicatezza così da non rovinare le finiture semplici, ma con la giusta pressione da eliminare l'opaco colore del tempo. Era un lavoro abbastanza veloce e come tale lo finii quasi subito, ma mi sentivo soddisfatta da quel bel luccichio che sapeva di nuovo. Era una giornata davvero perfetta, non per le sue emozioni coinvolgenti, ma proprio per la mancanza delle stesse, per la sua dolce tranquillità che mi cullava come una mamma amorevole.

    Valerie guardava la porta.

    La tavola era davvero graziosa, così ben preparata, così piena di sfumature tenui e rassicuranti, di odori puliti e freschi come una giornata di sole in un cielo coperto di vita.
    Forse era addirittura troppo tenue, per questo decisi di vivacizzarla un po' con qualche tonalità sgargiante. Presi un bel vaso in vetro soffiato, dal colore verde che colpito dalla luce del lampadario, acceso da poco dato che aveva iniziato far buio, illuminava la tavola perlata con strani giochi di luce. Per quanto gradevole fosse, decisi che lasciarlo vuoto non sarebbe stato carino, quello era un giorno pieno di tante cose felici; trovavo giusto riempirlo di altrettanta felicità.
    Presi le rose che davano sulla finestra, ora appannata per via della pioggerellina che aveva da poco finito di scrosciare sui vetri. Persino il rumore ritmico di quelle gocce era rassicurante, come se anche Dio ridesse con me, contento di quella bella giornata.
    Le colsi con gentilezza, poggiandole nel vaso e sistemandole con cura, perché tra poco la mia Ruth sarebbe tornata e io volevo farle una bella sorpresa.
    Una volta scelta la composizione semplice, osservai il mio operato e rimasi stupita di quanta bellezza ci fosse nell'armonia di una tavola preparata con cura, nella semplicità di un gesto gentile.
    Anche Ruth l'avrebbe apprezzato, pensai serenamente, e a breve avrebbe fatto la sua comparsa aprendo con la solita delicatezza la porta scura, facendo capolino con le braccia stracolme di buste e il sorriso gentile che mi rivolgeva ogni giorno da tre anni a quella parte.
    Al pensiero di quel suo bel viso ridente, subito un brivido d'amore mi scosse il corpo, facendomi venire un'idea molto poco tranquilla, ma decisamente più divertente!
    Andai verso la porta della nostra camera ridacchiando da sola come una ragazzina, innamorata della vita, innamorata di Ruth.

    Valerie guardava la porta.

    Aprii l'armadio di slancio, già pronta alla venuta della mia amata, piena di una strana fretta colma di desiderio: non vedevo l'ora che giungesse a casa.
    Non che non facessimo l'amore da molto, ma quel giorno era per qualche motivo speciale, sapevo che l'avrei ricordato per sempre e come tale, volevo renderlo perfetto.
    Trovata la sottoveste nera, in seta, che mi ero comprata da poco proprio per sfoggiarla in qualche occasione speciale, la tenni tra le mani un secondo, come inebriata dall'idea scioccamente adolescenziale che mi era venuta in mente: “e se non le piacessi?”.
    Scossi la testa ridacchiando, pensando a quanto fosse ilare che mi mi preoccupassi ancora di certe cose; Ruth mi amava per com'ero dentro e il fuori era solo una decorazione che, a prescindere da tutto, sapevo che lei avrebbe sempre desiderato.
    Così, senza pensarci troppo, iniziai a sfilarmi i vestiti pesanti e indossai l'indumento facendolo scivolare sul mio corpo con lentezza, rabbrividendo, sapendo che Ruth avrebbe usato la stessa delicatezza nel togliermelo. Il desiderio iniziava ad invadermi, mi sentivo già accaldata e bagnata, ma questo non faceva che divertirmi ulteriormente, sapendo che l'attesa era pur sempre piacere.

    Valerie guardava la porta.

    Mancava ormai poco all'arrivo di Ruth, fuori era scuro, e immaginando che ci fosse parecchia gente al supermercato, andai verso la sedia del tavolo che dava sull'entrata, girandola di novanta gradi e accomodandomi.
    Accavallai le gambe e appoggiai il gomito sullo schienale della sedia, così da poter posare il capo sulla mano e mettere in mostra i miei capelli ricci e rossi. Li avevo acconciati con cura, perché sapevo quanto lei trovasse sensuale il modo in cui mi cadevano sulle spalle. Per l'occasione avevo anche indossato un rossetto cremisi e le ciglia erano coperte da un mascara leggero. Noi non amavamo il trucco pesante ed essendo io obbligata ad indossarlo più volte, dato che ero un'attrice, quand'ero a casa preferivo liberarmene e tenere il viso pulito; ma quel giorno sarebbe stato meravigliosamente unico, io lo sapevo, quindi volevo presentarmi nel migliore dei modi.
    Voltai lo sguardo verso la porta, sentendo un rumore lontano, sulla strada, immaginando che lei entro pochi attimi avrebbe varcato gentilmente la soglia e mi avrebbe trovata lì, svestita, già turgida e accaldata, pronta ad amarla, pronta ad essere riamata.

    Valerie guardava la porta, non sapendo che questa non si sarebbe mai più gentilmente aperta.




    NdA: il titolo è relativo al fatto che la porta verrà aperta solo un'altra volta, e sarà quando la sfonderanno per andare a prenderla :) Quindi sarebbe "mai più aperta gentilmente, ma solo sfondata".
    Poi be', ovviamente la storia ruota attorno al fatto che lei è convinta che quel giorno sarà felice e speciale, mentre sarà il giorno più brutto della sua vita. la questione dell'aspettare l'amore con convinzione è più o meno la trama di "Un bel dì vedremo".
    Poi, non so se interessa, ma il libro che stava leggendo era 1984 di George Orwell (da cui è tratto il romanzo grafico / film). Il libro non l'aveva mai letto prima perché presumo che fosse tra i testi censurati all'epoca (cioè, già lo censurano oggi in America, figuratevi in una Londra proibizionista xD), motivo per cui l'aveva trovato tutto rovinato e sottolineato. Non c'è alcun riferimento al libro o al film per questo evento, l'ho solo voluto inserire io sia per creare un escamotage che facesse essere distratta Valerie, sia per citare l'opera da cui è tratto il capolavoro che è V per Vendetta (sebbene il catastrofismo del libro sia più rinviabile al romanzo grafico che al film, in quanto quest'ultimo ha bene o male un lieto fine). Se vi chiedete perché farlo trovare a lei, direi che chiunque abbia lasciato lì il libro voleva che qualunque persona lo leggesse (entro nell'ottica in cui quel testo fosse proprio sparito dalla circolazione e non se ne facesse più cenno, quindi tutti coloro che se lo sarebbero ritrovati tra le mani, non lo avrebbero buttato o denunciato, ma semplicemente letto, magari incuriositi. E penso che quello sia il modo migliore per aprire la mente delle persone: incuriosirle), quindi non è né un modo per indiziarla o circuirla, né per aiutarla a salvarsi. Il caso, o per meglio dire “il mio capriccio”, ha voluto che lo trovasse. Peccato che morirà senza mai farne cenno a nessuno.
     
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